Che io sappia, solo gli ebrei celebrano il nuovo anno quando l’estate sta finendo: quest’anno Rosh Hashanah, il Capodanno ebraico, si festeggia dal 6 all’8 settembre. Ma anche per i non israeliti la pausa estiva è un momento di svolta e di consuntivi. Così, prima della sospensione della nostra newsletter settimanale (che riprenderà il 27 agosto, ma nel frattempo proseguirà l’aggiornamento dei nostri siti) mi sembra il momento di riflettere sull’anno che abbiamo trascorso.
Per cominciare, ho riletto gli editoriali che abbiamo pubblicato dodici mesi fa. Quello del 24 luglio 2020 era firmato dall’allora portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini: salutava il “progresso storico” raggiunto al Consiglio europeo per una grande iniziativa comune contro la pandemia, ma al tempo stesso, in merito all’utilizzo dei fondi da parte dell’Italia, ammoniva:
Davvero la politica italiana è in grado di gestire questa enorme sfida o farà come certi sprovveduti che vincono milioni al Superenalotto e li sprecano in pochi anni, quando addirittura non perdono il biglietto vincente? Purtroppo le premesse, al di là dei giusti riconoscimenti al presidente del Consiglio e al governo per la conduzione della trattativa, non sembrano rassicuranti.
Una settimana dopo, nell’editoriale del 31 luglio, scrivevo, sempre in merito ai fondi del Next Generation Eu:
I fondi verranno erogati solo su progetti precisi, nell’ambito delle priorità fissate dall’Unione, a partire da transizione ecologica e digitalizzazione. Per mostrare questa capacità di progettare, gestire e rendicontare l’uso dei fondi, il Paese deve cambiare radicalmente il modo di far politica. L’attuale dialettica tra i partiti e la qualità della classe dirigente (seppure con eccezioni significative) rendono questo cambiamento molto difficile. Rivoluzione digitale, green new deal, contrasto alla crisi climatica, capacità di previsione e di valutazione d’impatto a medio e lungo termine non sono certo le priorità nel dibattito pubblico.
Se guardiamo la situazione dodici mesi dopo, dobbiamo dire che abbiamo assistito a molti miglioramenti. Innanzitutto sul fronte sanitario. Abbiamo subito una seconda ondata del virus con la minaccia di una terza, ma i vaccini hanno offerto un’ancora di salvezza e l’ottimo andamento della campagna vaccinale ha dato agli italiani una ragionevole tranquillità, confermata da una ripresa delle attività economiche al di là delle aspettative. Se non faremo follie il peggio è alle spalle.
È anche cambiato il contesto politico. La coraggiosa iniziativa del presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dato vita a un governo di unità nazionale guidato da una personalità come Mario Draghi, forse l’unica figura super partes con una statura internazionale tale da dare fiducia ai partner europei. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è stato presentato in tempo, anche se avremmo voluto un maggior coinvolgimento della società civile, che ci auguriamo non manchi nelle prossime difficili fasi di esecuzione. La riforma della giustizia, condizione sine qua non per ottenere i fondi europei, ha dato luogo a un aspro scontro politico, ma ha anche dimostrato che alla fine, di fronte a un interesse superiore come la realizzazione del Pnrr, i partiti sanno mettersi d’accordo. Insomma, non abbiamo “perso il biglietto della lotteria”, per usare la metafora di Giovannini. Anzi, la sua partecipazione al governo, come ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, ci dà un elemento di fiducia in più sul buon impiego dei fondi europei.