Putin sta provocando una tragedia immane, ma non può vincere. Come avvenne quando ancora si combatteva la Seconda guerra mondiale, da subito bisogna costruire una prospettiva diversa, basata sui nostri valori.
di Donato Speroni
Sarebbe stato diverso se a guidare gli equilibri dell'ultimo secolo fossero state le donne? Non possiamo saperlo. Non lo sapremo mai, finché non ci sarà vera eguaglianza. Finché sarà ancora necessario celebrare l'8 marzo, ricordando tutte le volte che il suo significato viene tradito.
Sulla Stampa, Annalisa Cuzzocrea ha dedicato l’8 marzo alle donne ucraine:
che lottano, cercano riparo, cibo, respiro. A quelle che fuggono e a quelle che restano. Perché da sempre, in tutte le guerre che i vaneggiamenti, gli errori e le sottovalutazioni degli uomini hanno portato, le donne hanno combattuto e combattono: mettendo al sicuro chi non può farlo da solo, imparando a imbracciare un fucile se serve, soffrendo tutto l'orrore del mondo.
Certo nessuno poteva immaginare che dopo due Giornate della donna caratterizzate dalla pandemia ne avremmo avuta una all’insegna della guerra. È stata comunque l’occasione per fare il punto sui progressi e sui ritardi nella parità di genere e lo abbiamo fatto anche noi, sia sul sito ASviS con brani e video riepilogativi, sia su Futura network con due articoli sulle tendenze dell’empowerment femminile, nelle realtà aziendali e nelle professioni scientifiche.
Ma è chiaro a tutti che siamo di fronte a un salto di epoca, paragonabile alla caduta del muro di Berlino o all’attacco alle Torri gemelle: comunque finisca questa terribile guerra in Ucraina, il mondo non sarà più come prima. Di una cosa siamo certi: non sarà Vladimir Putin a imporci la sua visione. Da più parti si afferma che andiamo verso un nuovo assetto internazionale, che potrebbe rilanciare il ruolo delle democrazie occidentali di nuovo unite di fronte alla sfida. Con quale prospettiva?
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