Le vicende del Decreto clima dimostrano quanto è difficile incidere sulle strutture e toccare gli interessi. Intanto vengono alla luce le responsabilità dei grandi petrolieri; che sono gravi, ma non alleggeriscono i nostri compiti.
di Donato Speroni
È un primo passo, ma solo un passo. Il Decreto clima, che il governo ha approvato giovedì 10, era stato concepito per mostrare qualcosa di concreto da parte dell’Italia al Climate action summit del 23 settembre a New York, voluto dal Segretario generale dell’Onu António Guterres per intensificare gli impegni contro la crisi climatica. Il provvedimento era stato però accantonato, sia per mancanza di coperture finanziarie, sia perché il testo preparato dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa non aveva ottenuto il placet degli altri ministeri coinvolti.
Il decreto uscito ora dal Consiglio dei ministri è certamente molto ridotto rispetto alle attese. Come ha spiegato il portavoce dell’ASviS Enrico Giovannini nella sua rubrica “Scegliere il futuro” su Radio radicale, il decreto risponde innanzitutto all’esigenza di rispondere ad una procedura di infrazione che l'Unione europea alcuni anni fa aveva avviato contro l'Italia per l'eccessivo inquinamento atmosferico, che in Italia ogni anno provoca la morte di circa 80mila persone. [Continua a leggere]
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