Più conoscenza, più mobilitazione, più tecnologia. I passi avanti ci sono stati, ma non sono sufficienti. Per un nuovo modello di convivenza è necessario coinvolgere l’opinione pubblica in modo meno superficiale.
di Donato Speroni
Le importanti riunioni internazionali che si sono svolte nei giorni scorsi e i convegni in Italia con la partecipazione dell’ASviS, nei quali queste riunioni sono state commentate, ci consentono di tracciare un bilancio di come ci collochiamo nel percorso verso uno sviluppo sostenibile.
Cominciamo dagli aspetti positivi. Come ha sottolineato Gianfranco Bologna nell’incontro di presentazione del libro della copresidente del Club di Roma Sandrine Dixon-Declève “One Earth 4 all. A survival guide for humanity”(ora disponibile anche in italiano) che si è svolto al Cnel il 28 novembre, abbiamo raggiunto un livello di conoscenza scientifica della situazione del Pianeta che consente di prevedere con grande attendibilità almeno alcune delle conseguenze dei processi in corso: per esempio, gli effetti più immediati del cambiamento climatico, in termini di fenomeni meteorologici estremi, inaridimento delle terre, innalzamento dei mari.
Questa conoscenza consente anche di individuare con maggiore precisione il modello di sviluppo che potrebbe rendere sostenibile per tutta l’umanità la vita su questo pianeta. Il libro di Sandrine Dixon-Declève enuncia con chiarezza le condizioni sulle quali si dovrebbe lavorare a livello globale.
· Porre fine alla povertà attraverso la riforma del sistema finanziario internazionale, sollevando 3-4 miliardi di persone da questa condizione;
· Affrontare le gravi disuguaglianze garantendo che il 10% più ricco della popolazione non prenda più del 40% del reddito nazionale;
· Consentire alle donne di raggiungere la piena parità di genere entro il 2050;
· Trasformare il sistema alimentare per fornire diete sane per le persone e il pianeta;
· Favorire e velocizzare la transizione all'energia pulita per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050.
Possiamo considerare positivo anche il fatto che, nonostante la guerra scatenata dalla Russia con l’invasione dell’Ucraina, la tela dei rapporti internazionali non si sia completamente strappata.
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