Mentre si attende l’esito del confronto tra gli Stati, è in aumento l’impatto degli investimenti “verdi” e l’attenzione delle imprese ai criteri ambientali e sociali. Le iniziative europee contro il “greenwashing”.
di Donato Speroni
Nei prossimi giorni, dall’esito del vertice del G20 a Roma e della Cop 26 di Glasgow, sapremo fino a che punto i più importanti Paesi del mondo saranno disposti ad agire per mantenere l’impegno preso a Parigi nel 2015 di contenere l’aumento della temperatura media mondiale entro 1,5 gradi centigradi e comunque non oltre i 2 gradi rispetto all’epoca preindustriale.
Intanto però possiamo registrare la crescita della sensibilità del mondo della finanza e delle imprese: la sostenibilità sta assumendo un ruolo crescente nelle strategie aziendali, sia per ragioni di mera sopravvivenza (nessuno può prosperare in un mondo insostenibile), sia perché i consumatori sono sempre più attenti a questi aspetti e una buona immagine contribuisce al successo.
Ovviamente c’è un forte rischio di greenwashing, come tutti possiamo notare, essendo quotidianamente bombardati da pubblicità che ci annunciano prodotti e comportamenti “sostenibili”. Tuttavia si stanno mettendo a punto normative, soprattutto a livello europeo, che dovrebbero consentire di distinguere meglio i comportamenti effettivamente sostenibili da quelli solo “verniciati di verde”.
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