Che fuggano da guerre e violenza, dai cambiamenti climatici o siano solo alla ricerca di condizioni migliori, il flusso dei migranti continuerà a crescere e nessun Paese può pensare di affrontarlo da solo. Italia assente dal Global compact.
di Donato Speroni
La legge Bossi Fini va cambiata perché è mutata profondamente l’origine del fenomeno migratorio. Esso oggi ha dimensioni globali ed è sempre più correlato al dovere morale, oltre che all’obbligo internazionale, di garantire diritto di asilo a chi fugge da guerre, rischi di genocidio, catastrofe naturale, violazioni di massa dei diritti fondamentali dell’uomo.
Chi ha pronunciato questa frase? Non è facile indovinarlo, ma è Gianfranco Fini, proprio lui, coautore della legge 189 del 2002 che per vent’anni ha definito (e di fatto strozzato nella sua applicazione) le procedure dei flussi regolari di migranti verso l’Italia. Ed è una presa di posizione di una certa rilevanza, se è vero ciò che scrive Gianluca Mercuri nella Rassegna stampa del Corriere della Sera: riportando la frase aggiunge che Fini oggi si propone come “uno dei padri naturali del melonismo”, insomma uno che a destra è ascoltato.
La dimensione globale del fenomeno migratorio cui fa riferimento l’ex leader di Alleanza nazionale si è manifestata da tempo, ma quella che è cambiata di recente è la percezione del fenomeno. Soprattutto in Italia. C’era la tentazione di sottovalutarlo, liquidarlo con frasi a effetto (“aiutiamoli a casa loro”) o con atti amministrativi di scarsa efficacia e particolarmente odiosi, come il prolungamento della permanenza dei migranti sulle navi che li avevano salvati, spesso in condizioni di estremo disagio.
Anche il ruolo dei migranti nella demografia e nell’economia italiana veniva nascosto sotto il tappeto.
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