Il cambiamento climatico, ma anche le diseguaglianze sociali, richiedono decisioni politiche innovative e apparentemente impopolari. Il Green New Deal di Ocasio-Cortez e la “radicalità” di Fabrizio Barca.
di Donato Speroni
Quando cadde il muro di Berlino, sembrò che la storia si fosse fermata, come scrisse Francis Fukuyama. Il capitalismo aveva vinto, gli stessi valori erano accettati in tutto il mondo, la globalizzazione sembrava destinata a livellare le differenze. Sappiamo che non è andata così, perché una serie di problemi, che nel 2009 il capo dei consulenti scientifici del governo inglese John Beddington sintetizzò nell’espressione “tempesta perfetta”, si sono abbattuti su di noi.
Quello che appare chiaro a tutti, oggi, è che le vecchie ricette non funzionano più. L’uomo ha responsabilità nuove sul Pianeta, ma è anche chiaro che la situazione sociale, lasciata ai meccanismi di mercato aggravati dalla mancanza di governance internazionale, crea ulteriori insostenibilità, miscele esplosive che si traducono in rivolte, violenze, migrazioni indiscriminate.
L’Agenda 2030 dell’Onu, che è al centro del nostro impegno nell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, è il primo tentativo organico di affrontare la sfida. È importante perché rappresenta il punto di consenso raggiunto da 193 Paesi, ma la sua attuazione incontra continue difficoltà che testimoniamo nelle nostre cronache. [continua a leggere]
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