Quando abbiamo deciso di organizzare un evento sulla modifica dei principi fondamentali della Costituzione, a un anno dalla pubblicazione della relativa legge costituzionale, abbiamo pensato subito alla Biblioteca Casanatense: questo è un luogo simbolico, la prova di un cambiamento di prospettiva. C'è anche rappresentato il sistema tolemaico, con la Terra al centro. Noi pensiamo che il cambio di Costituzione, con l’inserimento della tutela dell’ambiente anche nell’interesse delle future generazioni, sia una rivoluzione copernicana. Per questo, d’ora in poi celebreremo annualmente la modifica della Costituzione anche per valutare, nello stile dell'ASviS, come essa determinerà cambiamenti nelle politiche e nella cultura del Paese.
Non posso non ricordare che c’è stata un po’ di disattenzione sulla modifica costituzionale, forse perché due giorni dopo la sua approvazione è scoppiata la guerra. Tra i danni della guerra, e non voglio essere irrispettoso, possiamo includere anche il fatto che la nostra attenzione sulla transizione ecologica si è ridotta, in nome dell’emergenza energetica.
Il giorno in cui la Camera votò definitivamente, dopo il doppio passaggio previsto dalla Costituzione, la modifica costituzionale, io ero seduto sui banchi del Governo e ascoltando gli interventi in aula non potei fare a meno di chiedermi se fosse chiaro ai parlamentari cosa stava per essere votato. Lo dico apertamente: dalle dichiarazioni di voto non mi sembrava che si fosse colta fino in fondo la novità, come se si pensasse che sì, era stata modificata la Costituzione, ma che questo non comportasse necessariamente cambiamenti rilevanti nelle politiche e nei comportamenti delle imprese.
L’impegno dell’ASviS su questa “rivoluzione copernicana” nasce da un articolo del 2015, redatto insieme ad alcuni colleghi, che pubblicammo sul quotidiano inglese The Guardian, a pochi giorni dall’approvazione dell’Agenda 2030. Il Guardian scelse il titolo: “Dite addio al capitalismo, date il benvenuto alla repubblica del benessere”. L'articolo era il frutto di una riflessione fatta all’Università di Pretoria, in cui ci immaginammo cosa avrebbe dovuto fare un ipotetico nuovo Stato (brand new in inglese) per mettere lo sviluppo sostenibile al centro della propria azione.