Ex Jugoslavia. A Višegrad, dove il genocidio ebbe inizio
Srebrenica. Tutti ne avete sentito parlare. Persino negare. Ma negare cosa? Srebrenica: 11-21 luglio 1995. Il genocidio. L’urbicidio. Le fosse comuni e gli stupri di massa, figli deformi di una malattia chiamata pulizia etnica. Srebrenica. L’angoscia. Il dolore. La disperazione. L’abbandono. Il tanfo dell’impunità. L’incredulità. L’impotenza per la mancata giustizia. La paura. Srebrenica. La fine. Il compimento di un processo. Il cui inizio è stato in una terra però vicina, in una città edificata mezzo millennio or sono nella medesima valle. Quella, fertile e struggente, del fiume Drina. Ecco, allora, quel nome che per molti è giusto un’eco lontana, un ricordo svanito. Un nome difficile. Ma non abbastanza per poter essere rimosso. Višegrad. Maggio del 1992. A Srebrenica piovevano le prime cannonate, la città cadeva, veniva ripresa e assisteva ai primi atti di un lungo assedio conclusosi in ecatombe. In genocidio. A Višegrad, la nera signora raccoglieva in grande copia il primo tributo di sangue sull’altare oscuro del nazionalismo serbo-bosniaco e serbo.
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