L’Italia e la grande guerra senza la retorica nazionalista
La prima guerra mondiale è stata e rimane uno dei miti fondativi dello stato-nazione, soprattutto nei paesi vincitori. Gli anni tra il 1914 e il 1918 sono stati avvolti da un’aura di sacralità che ancora oggi si può cogliere nei monumenti, nei cimiteri e nelle cerimonie che ricordano la grande guerra.
Per anni il conflitto è stato sottratto ad analisi obiettive ed è stato letto solo attraverso la lente deformante dell’eroismo, dell’onore, della patria, della propaganda bellica. In Italia la letteratura ne ha affrontato i tabù, spesso con fastidiose conseguenze per gli autori: Emilio Lussu fu accusato di disfattismo e antipatriottismo per Un anno sull’Altipiano, mentre La rivolta dei santi maledetti di Curzio Malaparte incappò nella censura e fu sequestrato. Negli anni settanta sono stati pubblicati saggi critici e analisi storiche rigorose e obiettive, come quelli di Mario Isnenghi, Giorgio Rochat, Enzo Forcella, Alberto Monticone e Piero Melograni.
www.internazionale.it/opinione/piero-purini/2018/11/03/prima-guerra-mondiale-italia