La Corte dei conti critica l’UE sull’efficacia dei programmi per la sicurezza alimentare in Africa
La fame e la malnutrizione restano tra le crisi più urgenti dell’Africa subsahariana, in una regione dove shock climatici, conflitti, instabilità economica e fragilità istituzionale continuano a minare la sicurezza alimentare di milioni di persone. La nuova relazione speciale della Corte dei conti europea analizza in profondità l’efficacia degli interventi della Commissione europea per combattere l’insicurezza alimentare e la malnutrizione, fornendo un quadro articolato fatto di progressi tangibili, ma anche di lacune strutturali che riducono l’impatto complessivo degli investimenti europei.
Secondo la Corte, tra il 2021 e il 2024 l’UE ha mobilitato 6,2 miliardi di euro per iniziative globali contro la fame, di cui quasi la metà destinati all’Africa subsahariana. Sommanti ai fondi 2014-2020, il totale supera i 17 miliardi: numeri che confermano il ruolo dell’UE come principale donatore mondiale di aiuti allo sviluppo. Tuttavia, l’audit rivela che questi sforzi, pur significativi, non sempre raggiungono i gruppi di popolazione con i bisogni più urgenti né garantiscono risultati sostenibili nel tempo.
Gli interventi non sempre raggiungono chi ne ha più bisogno
Una delle principali criticità emerse riguarda l’assenza di criteri chiari e documentati per stabilire le priorità geografiche e sociali. La Corte evidenzia come la Commissione, nella fase di programmazione, non abbia utilizzato in modo sistematico i dati disponibili sull’insicurezza alimentare e sulla malnutrizione, con il risultato che alcuni interventi sono stati implementati in zone non colpite dalle forme più gravi di insicurezza alimentare. In diversi casi, regioni in condizioni di “crisi” o “emergenza” non sono state incluse nei progetti, mentre aree sotto “pressione”, quindi meno vulnerabili, hanno beneficiato di risorse importanti.
Un secondo elemento critico riguarda l’impostazione dei progetti, spesso non allineata alle cause strutturali dell’insicurezza alimentare. La Corte rileva la mancanza di analisi approfondite su costi, efficacia e sostenibilità, e notevoli debolezze nella valutazione del rapporto costo/beneficio, con bilanci progettuali non sempre sufficientemente scrutinati.
Coinvolgimento insufficiente delle comunità
Un altro aspetto ricorrente riguarda il ruolo limitato delle comunità nelle fasi di ideazione e pianificazione. In varie iniziative, il mancato coinvolgimento della popolazione locale ha portato a soluzioni meno efficaci o difficilmente sostenibili una volta concluso il progetto. L’audit riporta esempi di beneficiari che, terminata la distribuzione di sementi o attrezzature, non erano in grado di reperire materiali aggiuntivi o pezzi di ricambio, rendendo vano il potenziale degli interventi.
A ciò si aggiunge la durata contenuta dei progetti, spesso non sufficiente per incidere sulle radici della malnutrizione, come la produttività agricola, la diversificazione dei redditi o la resilienza ai cambiamenti climatici.
Monitoraggio debole e difficoltà nel misurare l’impatto
Nonostante un buon livello di coordinamento con autorità locali e donatori internazionali, il monitoraggio dei progetti si è rivelato uno dei punti più fragili dell’intera catena di intervento. Le delegazioni UE hanno effettuato poche missioni in loco, anche a causa di vincoli logistici e di sicurezza, affidandosi principalmente alle relazioni dei partner esecutivi, senza verifiche incrociate. Ciò ha portato a discrepanze tra risultati dichiarati e risultati reali e, in alcuni casi, alla mancata individuazione di spese non ammissibili.
Il quadro logico dei progetti mostra inoltre indicatori spesso quantitativi e non in grado di misurare l’impatto, aggravato dall’assenza di valori di base che consentano valutazioni comparative. La conseguenza è una difficoltà strutturale nel dimostrare i risultati e nel correggere tempestivamente le inefficienze.
Risultati eterogenei ma spesso insufficienti
Un elemento centrale del mandato europeo è la nexus approach, la connessione tra aiuti umanitari, sviluppo e pace. L’audit riconosce l’esistenza di un quadro strategico solido, ma evidenzia una traduzione debole a livello nazionale. Solo tre paesi subsahariani hanno realizzato analisi congiunte approfondite, e la complementarità tra aiuti umanitari e sviluppo rimane limitata, con progetti che procedono “a compartimenti stagni”, senza creare sinergie necessarie per aumentare resilienza e impatto.
Nonostante le criticità, la Corte riconosce che diversi progetti hanno generato miglioramenti nella produttività agricola, nella qualità dei raccolti e nel reddito dei piccoli agricoltori. Tuttavia, la maggior parte degli interventi fatica a creare collegamenti con i mercati, un fattore cruciale per garantire sostenibilità economica e ridurre la dipendenza dai donatori. Nel complesso, malnutrizione cronica e ritardo della crescita restano a livelli molto elevati in gran parte della regione, segno della difficoltà di incidere su problemi profondi e multidimensionali.
Le raccomandazioni della Corte
La Corte dei conti europea formula una serie di raccomandazioni chiave, con scadenza entro il 2027:
- sviluppare criteri chiari per indirizzare i fondi verso le aree e i gruppi più vulnerabili;
- migliorare l’impostazione progettuale, includendo analisi dei costi, coinvolgimento delle comunità e maggiore adattabilità ai contesti di crisi;
- rafforzare il monitoraggio, introducendo visite più frequenti basate su valutazioni del rischio e controlli sistematici sui dati forniti dai partner;
- promuovere una metodologia condivisa a livello internazionale per misurare i finanziamenti destinati alla sicurezza alimentare;
- potenziare la sostenibilità dei progetti con strategie precise e valutazioni post-implementazione.
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