“La democrazia in Kenya sta perdendo quota”: intervista a Judie Kaberia

17.09.2025 09:27

Abbiamo incontrato a Nairobi Judie Kaberia, giornalista, attivista ed educatrice dei media. Kaberia ci offre un quadro delle crescenti tensioni in Kenya e la repressione delle proteste. Denuncia la corruzione, le violazioni dei diritti umani e la deriva autoritaria del governo, offrendo uno sguardo diretto sulle difficoltà della popolazione.

Judie Kaberia è una giornalista pluripremiata che, nei suoi oltre venti anni di esperienza, ha lavorato come reporter e redattrice associata. Il suo lavoro di indagine si è concentrato principalmente su questioni legali e giudiziarie, diritti umani, uguaglianza e salute. Titolare di un master in Nuovi media, governance e democrazia conseguito presso l’Università di Leicester (Regno Unito), Judie è direttrice esecutiva dell’Associazione delle donne dei media in Kenya (AMWIK). Presiede inoltre il consiglio di amministrazione della Africa Check Foundation in Kenya, una filiale di Africa Check, la principale organizzazione indipendente di fact-checking di Trust-Africa, e ha ricoperto il ruolo di coordinatrice per l’Africa orientale della Wayamo Foundation.

Abbiamo incontrato Judie Kaberia, nella sede della Fondazione Friederich Naumann a Nairobi, a pochi isolati dall’Ambasciata degli Stati Uniti e dal quartier generale delle Nazioni Unite per l’Africa Orientale. Siamo nei quartieri alti in cui le decisioni importanti vengono prese spesso lontano dalle classi popolari, ma anche quelli dove c’è ancora uno spazio sempre più stretto per le voci critiche che lottano per mantenere aperto un discorso pubblico orientato verso una società democratica. Nelle strade dei quartieri popolari vige spesso la legge del più forte, sui temi politici serpeggia la paura della repressione, all’università pochi vogliono parlare, molti studenti e studentesse attivi nelle manifestazioni dei mesi scorsi si stanno nascondendo fuori città.

Judie è una donna sulla quarantina con un’aria attenta e determinata ed una eloquenza colorata e diretta. Come spesso accade è impegnata in una riunione con altri attivisti e ricercatori stranieri, ma accetta di mettere in pausa alcuni impegni urgenti per concedermi un’intervista, condivide la necessità di spiegare ad un pubblico europeo quello che sta succedendo nel suo paese.

La dura repressione dello scorso Luglio contro le manifestazioni per l’anniversario delle proteste contro il governo di William Ruto e la sua coalizione “Kenya Kwanza” (Prima il Kenya) ha portato l’attenzione internazionale sul paese, descritto come uno Stato autoritario scosso da un forte conflitto politico. Qual è la tua opinione al riguardo?

L’attuale governo sta sgonfiando la nostra Costituzione come una mongolfiera. L’aria esce e la mongolfiera perde quota. Ogni volta che approva una legge il governo fa un nuovo buco nella mongolfiera che adesso è quasi sgonfia. Questo è ciò che sta accadendo perché la nuova Costituzione del 2010 era una grande mongolfiera che stava volando in aria. Ma adesso qualcuno la sta portando a terra. La Costituzione sta lentamente svuotandosi. La nostra repubblica è come un’auto in cui la pressione delle gomme sta diminuendo. Quindi lentamente sta entrando nella condizione di non essere più in grado di muoversi. Questo è ciò che sta accadendo. La Costituzione era la nostra nuova speranza dopo le violenze post-elettorali del giugno 2007. Ma ora gli aspetti della Costituzione relativi ai diritti umani, allo spazio per la società civile, alla libertà dei media, alla libertà di espressione, stanno peggiorando. E poi, naturalmente, dall’anno scorso ad oggi, è triste che abbiamo perso molti giovani e andiamo avanti come se nulla fosse successo. Abbiamo perso quasi 80 giovani uccisi dalla polizia. Sono tornate le esecuzioni extragiudiziali. I rapimenti da parte dello Stato. E lo Stato va avanti come se nulla fosse, come se fosse una cosa normale. Sta facendo questo da quando i giovani escono in strada per fare delle richieste, quando quello che chiedono sono semplicemente i loro diritti. Quello che chiedono è qualcosa che è protetto dalla Costituzione. Chiedono di fermare l’aumento del costo della vita. Chiedono spiegazioni per l’aumento dei livelli di corruzione. La corruzione è la ragione per cui il sistema sanitario non funziona correttamente.

La corruzione è la ragione per cui l’istruzione è diventata molto costosa. La corruzione è la realtà per cui le persone che hanno soldi ottengono posti di lavoro o concessioni governative. La corruzione il motivo per cui medici e insegnanti non vengono pagati bene. Questo tipo di corruzione sta danneggiando la società. Questo è il più grande grattacapo per ogni keniota nel momento attuale. Ogni giorno si leggono sui giornali i principali problemi del Kenya, basta leggerli. Il governo keniota si sta coinvolgendo con le Rapid Support Forces in Sudan. Quella è un’area piuttosto instabile, è una guerra civile e il Kenya è coinvolto in questo conflitto. Questo mette a disagio la gente. Ma quando la gente si lamenta, si presume che lo faccia senza motivo. Si presume che sia ingrata. E quando le persone dissentono da ciò che il governo non vuole sentire, è allora che il governo le perseguita. È allora che le rapiscono. Ogni giorno le identificano per dire: “Sai, ti sto osservando, ti sto controllando”. Quindi la gente si sente molto a disagio. La gente ha paura, si sente insicura. Anche adesso chi deve esprimere la propria opinione ha paura perché la prossima cosa che ti può accedere se pubblichi su Twitter è che vieni rapito o ucciso.

Abbiamo conosciuto la storia di Albert Ojwang, un giovane che ha ritwittato un tweet di qualcuno sulla corruzione nelle forze di polizia. Tutti sanno della corruzione nelle forze di polizia. Lui ha solo ritwittato. Quest’uomo è stato arrestato a Homa, è stato trasferito a Nairobi ad oltre 500 chilometri di distanza, è stato rinchiuso in una cella ed è morto in detenzione. La polizia ha iniziato a mentire dicendo che aveva sbattuto la testa contro il muro. E non è il solo, abbiamo saputo recentemente di un uomo ucciso a colpi di pistola per aver pubblicato qualcosa su Twitter. E ciò di cui queste persone si lamentano è vero. Non è una bugia. È vero. Ma il governo non vuole sentire ciò di cui si lamentano le persone. Vengono ignorate o considerate ostili. E in questo momento, il Kenya si trova in una situazione molto difficile per i cittadini.

Le elezioni sono previste per il 2027. Ma guardando a ciò che sta accadendo in questo Paese, sembra che le elezioni siano il mese prossimo. Perché anche il governo sta già dicendo che servono due mandati. Dicono che il presidente deve continuare, che ha il compito di continuare. Ma la gente non è soddisfatta. Non stanno affrontando i problemi della gente. Quindi la gente si sente molto disperata. Sta lottando. Non riesce ad arrivare a fine mese. Mancano cose fondamentali. Stiamo parlando di cibo. Stiamo parlando di vestiti. Stiamo parlando di alloggi. Stiamo parlando di accesso all’istruzione. E anche l’accesso all’istruzione, quando manca il cibo, diventa secondario, purtroppo non è una cosa importante se hai lo stomaco vuoto e quindi è una situazione molto triste. Io stessa, nei miei oltre 40 anni, ho già vissuto una situazione simile nel periodo delle violenze post-elettorali del 2007, prima del nuovo processo costituente. Ma dopo di allora, la Costituzione è stata considerata come una nuova speranza. Ora però la situazione è di nuovo grave, perché quello che ho visto negli ultimi tempi è davvero inaccettabile. Oggi è opinione comune che abbiamo toccato il fondo come paese. Non c’è spazio per lo stato di diritto. Non c’è spazio per i diritti umani. Non c’è spazio per le libertà fondamentali delle persone di esprimersi liberamente.

Perché pensi che il governo abbia assunto una posizione così autoritaria, considerando che, ad esempio, il Kenya sta ottenendo risultati economici migliori rispetto ad altri paesi? La ricchezza della nazione potrebbe essere ridistribuita in modo migliore creando consenso sociale. Qual è la ragione politica ed economica per questa posizione autoritaria assunta dal governo?

L’avidità. L’avidità è quando si arriva al potere e ci si vuole sentire potenti. Si vuole avere più soldi. Perché se si guarda al nocciolo della questione, il conflitto tra il governo e il popolo è principalmente dovuto alla mancanza di responsabilità del primo. E questa mancanza di responsabilità è il motivo per cui le persone non hanno accesso ai servizi sanitari di base. Quindi ci si rende conto che la causa principale è l’avidità della leadership politica. La leadership politica sembra essere al potere non per governare il popolo, non per sviluppare politiche, per migliorare le cose, ma per arricchirsi e rimanere al potere. E questo non vale solo per il Kenya. È quello che sta succedendo in Africa. Chi è al potere vuole mantenere il potere. Perché vogliono mantenere il potere? Per mantenere il potere anche all’età di 82 anni, qualcuno vuole ancora candidarsi alle elezioni. È per proteggere i propri interessi. È per garantire un benessere a se stessi e alle loro famiglie.

Quindi è come se l’élite si fosse distaccata profondamente dalle altre classi sociali.

Sì. Continuano a marcare ed approfondire i confini tra le classi sociali. Ci sono quelli che hanno e quelli che non hanno. Quelli che hanno continuano ad avere sempre di più. Quelli che non hanno continuano a diventare sempre più poveri. La classe media si sta avvicinando alla povertà. Quindi questa sta diventando una società di pochi che hanno tutto. Che non capiscono il problema dei poveri. Che non capiscono il problema della classe media a cui basta che un membro della famiglia si ammali per cadere in povertà. Perché quando un membro della famiglia si ammala, ad esempio di una grave malattia o di cancro, è costoso sostenerlo. Siamo pesantemente tassati. I nostri stipendi sono stati ridotti tre volte. Dobbiamo pagare l’alloggio, le tasse e dobbiamo ancora comprare le case. Ogni mese siamo tassati. La gente lavora. Siamo tassati per il fondo sanitario, che non usiamo mai perché è necessaria un’assicurazione privata. Ma almeno quando siamo tassati, ci aspettiamo che le persone ricevano servizi pubblici di qualità e che ricevano cure. Ma ora le persone sentono che, nonostante siamo tassati, il denaro non viene utilizzato per fornire i servizi. Invece, quello che vediamo ogni giorno sui nostri giornali è la perdita di fondi pubblici. Ieri c’era una grande notizia sulla perdita di denaro, qualcosa come miliardi di scellini. Le tasse che paghiamo, il denaro dello Stato sta scomparendo da qualche parte.

Quindi, se si guarda all’alto livello di corruzione e alla scarsa responsabilità, si capisce che la corruzione sta vincendo a causa dell’avidità. Per me è solo avidità, è vanità. Perché avere troppo di tutto è solo vanità. Denaro in eccesso, potere in eccesso, e questo gli ha dato alla testa. Ecco perché sparare a un essere umano è diventato come uccidere una mosca. È per questo che la vita di tanti giovani manifestanti è stata distrutta. Chi governa non ci vede nemmeno nulla di sbagliato. Gli spari sulla folla: non vedono nulla di sbagliato in questo. Perché nella loro classe, dove hanno tutto, hanno protezione, hanno sicurezza, hanno i soldi per andare a curarsi nei paesi sviluppati. Quindi tendono a non provare nulla, quando qualcuno dice: “Sto soffrendo”, loro non lo vedono. Quando vedono qualcuno esprimersi, non lo sentono. Loro vivono in una bolla e si aggrappano al potere per avidità, per proteggere i propri interessi e coprire i propri pasticci, coprire le tracce delle illegalità che hanno commesso. Perché sanno che quando non saranno più al potere, i prossimi che saliranno al potere li perseguiteranno. Quindi si tratta di restare al potere fino alla morte.

Ad esempio, nelle notizie degli ultimi giorni si nota una crescente criticità da parte degli Stati Uniti nei confronti del governo del Kenya per le diverse posizioni assunte nei confronti della Cina. Qual è l’influenza che può ancora avere, ad esempio, l’Europa in questa dinamica?

Dall’esterno sembra che il vecchio continente stia perdendo completamente la presa sull’Africa. Intendo la capacità di influenzare in qualche modo il processo decisionale in senso progressista, in Kenya o in Africa in generale. Cosa ne pensi? Tu collabori, lavori con diverse organizzazioni internazionali. In passato questo rapporto tra cooperazione internazionale, media e organi di informazione proponeva un modello di relazioni internazionali che promuoveva i diritti umani, cercando di costruire uno spazio internazionale di dialogo. Ricordo il World Social Forum del 2007 che si era svolto a Nairobi con una grande partecipazione. Cosa ne è rimasto?

La mia preoccupazione attualmente riguarda concretamente questo spazio in cui ci troviamo che forse dovrà chiudere. Il Partito Liberale tedesco che finanzia la fondazione nella quale siamo ospitati non ha ottenuto seggi nel parlamento e dovrà tagliare i fondi alle sue attività di cooperazione e sviluppo all’estero. Noi siamo impegnati per il rispetto della parte sociale della vita, nei valori della democrazia, i valori dei diritti umani, i valori che stanno alla base dei progetti di filiere produttive responsabili. Ma il populismo sta vincendo. Se guardi cosa sta succedendo sia in Europa che in Africa, il populismo sta vincendo. E se si guarda alla mentalità dei populisti, la loro priorità è fare affare. Si pone maggiore enfasi sul fatto di stringere accordi commerciali, di guadagnare denaro. “Finché guadagniamo denaro non ci interessa se le persone che lavorano per noi sono vive o morte. Finché ci danno l’oro, non ci interessa se respirano gas pericolosi mentre lo lavorano. Se esportano fiori, purché noi riceviamo i fiori, noi ci guadagniamo. Non ci interessa se le donne o gli uomini poveri che lavorano nelle fattorie sono protetti o altro”. Quindi la relazione politica sta diventando sempre più orientata al business con meno obblighi legati ai diritti. Se si guardano i requisiti, ad esempio, degli Stati Uniti, non sto dicendo che gli Stati Uniti siano perfetti o altro. Ma gli Stati Uniti hanno un livello elevato di controlli procedurali per ogni accordo commerciale che stipulano. Storicamente almeno sono stati più cauti nelle relazioni internazionali. Ma non sto parlando dell’attuale governo. Non voglio parlare dell’attuale governo degli Stati Uniti ora.

Storicamente però in Africa abbiamo conosciuto gli Stati Uniti come più rispettosi dei diritti umani, dei prezzi, degli accordi, dell’uguaglianza giuridica e di tutti i valori sociali di cui sto parlando. Questo è ciò che qui conosciamo storicamente degli Stati Uniti. Se guardiamo alle superpotenze emergenti, le economie emergenti della Cina e della Russia e se chiediamo una opinione a un keniota questo li conosce solamente come luoghi di affari, come opportunità economiche. Difficilmente un keniota menzionerà i diritti umani in Cina o i diritti umani in Russia. Ad esempio in passato l’ambasciata degli Stati Uniti stava sostenendo un progetto sulla difesa della libertà di stampa. Quindi i governi attuali trovano più facile lavorare con governi che hanno meno preoccupazioni per gli obblighi in materia di diritti umani. Ho la sensazione che le condizioni imposte dagli Stati Uniti stessero diventando troppo pesanti per il Kenya e che questi avrebbero potuto intraprendere azioni per sanzionarlo. Quindi penso che i leader del paese non vogliano perdere troppo tempo dietro a questioni di diritti umani. E mentre gli Stati Uniti prendono le loro decisioni e chiamano i leader africani per rimproverarli, loro non sono pronti a sedersi al banco degli imputati ed a farsi rimproverare davanti ai media. Vanno dove le condizioni sono meno rigide. Tendo a credere che questa sia la ragione principale.

L’altra ragione è legata alle relazioni con le RSF in Sudan. Il Kenya è noto come un pacificatore nella regione. Il Kenya ha guidato la firma degli accordi di pace nel Sud Sudan. È stato un paese di speranza a cui tutti si sono rivolti. In termini di hub, sia che si tratti di tecnologia, sia che si tratti di affari, il Kenya ha davvero assunto un ruolo di primo piano. Ma ora non è più così. Se il Kenya si sta alleando con il Sudan e, in base a quanto vedo nei media, sta persino fornendo armi al Sudan e sostenendo una delle fazioni ribelli, allora è chiaro che stiamo perdendo terreno. E ora, a causa di ciò, guardateci: le decisioni prese dagli Stati Uniti contro di noi sono legate al nostro coinvolgimento con l’RSF. Quindi siamo davanti ad un terribile declino e mi chiedo: sono ancora in Kenya? È un sogno o è realtà? Molti sono rimasti senza parole su come siamo arrivati a questo punto. Ma ancora una volta, credo che non tutto sia perduto.

C’è molta speranza. E ciò che mi dà speranza è che, nonostante le uccisioni, nonostante i rapimenti, i giovani continuano a farsi sentire. Guardate i social media ogni giorno. Li troverete lì, non scendono in piazza ora perché non vogliono essere uccisi, ma vedrete che continuano a chiedere che venga fatta giustizia. Continuano a lottare, ogni volta che ne hanno l’occasione. Continuano a cercare di riportare in vita la Costituzione. E ribadisco che c’è speranza perché le organizzazioni della società civile sono ancora forti e si schierano in difesa di coloro che sono accusati in diversi tribunali di reati molto discutibili, come il terrorismo. Potete immaginare che solo per aver partecipato a una manifestazione qualcuno venga accusato di terrorismo? Quindi ciò che mi dà speranza è la lotta della comunità dei diritti umani nel Paese, che è unita. Nel corso del tempo, dopo i casi portati davanti alla Corte penale Internazionale alla fine della guerra civile in Ruanda e Burundi, il movimento per i diritti umani ha subito una sorta di declino. Ma con ciò che è successo negli ultimi quasi diciotto mesi, si sta ricomponendo in modo molto forte. Ecco perché dico che la speranza non è perduta. Vedo che le Chiese stanno diventando più responsabili dicendo che non accetteranno donazioni dai politici perché si tratta di proventi di reato. In particolare la Chiesa Cattolica ha detto che non vuole accettare donazioni dai politici. Se si tratta di offerte in Chiesa, le diano come qualsiasi altro cristiano. Ma non avranno una piattaforma dove mettere i loro soldi. Ad esempio, quando qualcuno ha donato 10 milioni di scellini, li hanno rifiutati.

Quindi la mia speranza è che anche la Chiesa si faccia avanti e cerchi di assumere un ruolo di leadership, in particolare la Chiesa Cattolica insieme anche ad altre Chiese protestanti. Queste si sono unite per criticare le uccisioni dei giovani, l’impunità, la corruzione. Perché devo ammettere che la Chiesa ci ha deluso in passato. Nelle ultime elezioni la Chiesa ci ha deluso di nuovo. Perché spesso anche le organizzazioni religiose danno a questi politici una piattaforma per mentire alla gente facendo promesse. Quindi quest’anno per la prima volta, i leader religiosi di questo Paese si sono dimostrati più coerenti con i loro principi. Quando si parla di religione, si parla della gente. Che si tratti di musulmani o protestanti, cattolici o anglicani, cristiani o musulmani, questo Paese si identifica fortemente con la religione. Quindi, quando i leader religiosi parlano, toccano il cuore delle persone. Questa è un’altro motivo di speranza cioé il fatto che il movimento sociale, i giovani e la Chiesa prendano l’iniziativa insieme su alcuni punti fondamentali dell’agenda politica.

So che sei un esperta di social media e vorrei farti una domanda specifica al riguardo. Guardando le statistiche, ad esempio, c’è ancora una grande percentuale di giovani che non sa leggere e scrivere, ma che sta iniziando ad avere accesso ai social media. Immagino che questo sia un grosso problema per le fake news e la manipolazione. Come state lavorando su questo tema tu personalmente e forse altre organizzazioni della società civile? Esiste, ad esempio, un comitato indipendente che sta cercando di verificare e aiutare i giovani a utilizzare i social media in modo migliore? Perché, ad esempio, TikTok è stato strategicamente utilizzato anche per grandi campagne e per manipolare l’opinione pubblica in tutta l’Africa. Come affrontate questo problema?

Si dà il caso che oggi sia la presidente di Africa Check. Si tratta di una fondazione di ricerca finanziata specificamente per la verifica dei fatti e la verifica dei fatti su questioni pubbliche. Quindi siamo molto interessati alla verifica dei fatti relativi alla disinformazione comune. Uno di questi, ovviamente, è legato alla salute. Alcune delle informazioni che si trovano sui social media sono molto fuorvianti. Ad esempio c’è chi dice: “se hai il cancro, puoi prendere questo”. E  su TikTok trovi qualcuno che ti offre già delle soluzioni per curarti. Potresti persino morire se consumassi ciò che qualcuno pubblicizza su TikTok. Quindi, ad Africa Check, e non solo ad Africa Check, ci sono tante altre organizzazioni che verificano le informazioni e le condividono, non solo sui social media, ma anche sui gruppi WhatsApp, sotto forma di messaggi di testo. Perché a volte non tutti sono connessi a Internet. Esistono molti corsi di formazione sull’alfabetizzazione mediatica che aiutano il pubblico a capire come funzionano i media, a comprendere la disinformazione e la cattiva informazione, perché molti non le riconoscono.

Specialmente nelle zone rurali si vede qualcuno fare cose molto bizzarre solo perché le ha viste sui social media. Io stessa svolgo attività di formazione, il mio lavoro part-time consiste nel formare giornalisti radiofonici e la maggior parte della mia formazione riguarda le lingue vernacolari perché la maggior parte dei kenioti, specialmente nelle zone rurali, ascolta la radio mentre lavora, mentre va alla fattoria, ascolta sempre la radio. Quindi abbiamo capito che uno dei modi migliori per correggere alcune di queste informazioni false è l’uso della radio e la comunicazione in una lingua che loro capiscono, perché i presentatori parlano la lingua locale e invitano a parlare anche di casi specifici e le persone condividono le loro storie personali su come sono state ingannate a causa delle informazioni trovate sui social media. Abbiamo ancora molta strada da fare perché coloro che diffondono disinformazione, specialmente durante le elezioni, durante i movimenti politici come adesso, fanno un lavoro molto sofisticato. Collaboriamo anche con le associazioni generaliste a livello locale, con il Consiglio dei Media del Kenya, che è l’organismo di controllo dei media. Il Consiglio dei Media del Kenya è stato molto attivo nel parlare di disinformazione e nel collaborare con le chiese, con le università a livello locale. C’è molta collaborazione tra i fact checker, le organizzazioni mediatiche e gli enti pubblici. E questo aiuta molto, anche se ovviamente ci sono molte sfide, perché le persone che diffondono informazioni false hanno uno scopo. Quindi, anche se stiamo facendo formazione, loro non smettono. Anzi, devono davvero insistere. Quindi dobbiamo farlo in modo molto continuativo.

La sfida più grande, ovviamente, è il finanziamento. Perché per andare in queste zone rurali servono soldi per l’alloggio e per spostarsi. Io recentemente sono stata a Turkana, nel nord del paese dove è in corso una crisi umanitaria molto grave e abbiamo viaggiato in auto per circa 10 ore, è stato difficile. Ed è un viaggio pericoloso: il giorno in cui siamo arrivate c’è stato un attacco in cui sono state uccise delle persone. Quindi questa attività richiede investimenti e noi non abbiamo i fondi adeguati per poter fare bene questo lavoro. Quest’anno, ad esempio, penso di aver fatto solo tre corsi di formazione, perché tutte le organizzazioni con cui abbiamo lavorato non hanno più i fondi a causa di alcune decisioni come il ritiro dei finanziamenti da parte degli Stati Uniti.  Altri paesi sviluppati. soprattutto in Europa oggi dedicano i loro soldi alla sicurezza, hanno altre priorità e c’è meno attenzione ad alcune di queste sfide emergenti come la disinformazione.

Ultima domanda, ma non meno importante, sulle donne e la leadership nei movimenti sociali. Hai notato un cambiamento in questa generazione, nel ruolo delle donne nei movimenti sociali?

Sì. Quello che mi è piaciuto della Generazione Z, protagonista delle proteste negli ultimi mesi è che le donne sono state in prima linea. Dovresti vederle. Le protagoniste di questo movimento della Generazione Z erano giovani donne. Le giovani della Generazione Z sono state molto esplicite. Non avevano paura. Ricordo le immagini di una giovane donna che si alzava in piedi e sventolava la bandiera davanti a un poliziotto. Era come se dicesse: “Vuoi spararmi? Sto lottando per voi”. E aveva la bandiera. Quindi ho visto le donne, soprattutto le più giovani, diventare più impegnate, più coinvolte. E quello che mi piace è dal punto di vista dell’informazione. Non scendono in strada solo per fare rumore, ma perché sono informate e sanno esattamente cosa le spinge a farlo. Se le fermi e chiedi loro: “Perché siete in strada?”, ti risponderanno parlando della legge finanziaria, del perché è stata introdotta questa o l’altra tassa. Quindi protestano anche sulla base delle informazioni che hanno. Vanno lì perché c’è un motivo che le spinge a farlo. Quindi sono molto esplicite. Sono sempre più informate. Partecipano maggiormente alle strutture di governo. E si candidano anche alla leadership politica. Il Kenya, ovviamente, non ha ottenuto grandi risultati. Le donne sono ancora molto lontane dal centro della leadership politica. Solo per fare un esempio, dei 47 governatori che abbiamo, solo otto sono donne. Nella mia regione di origine, abbiamo solo una donna deputata. L’unica donna membro del parlamento è membro dell’assemblea della contea. Quindi abbiamo ancora molta strada da fare come Paese, ma ho visto una nuova spinta, soprattutto da parte dei giovani.

Da dove vengono queste donne?

Sono le nostre figlie. Ora potete immaginare mia figlia, non è come mia madre e mio padre. Mia madre e mio padre, per come mi hanno cresciuta, non mi hanno mai educata a diventare una leader. Mi hanno cresciuta dicendomi: vai a studiare, sposati e fai dei figli. Ma io dico a mia figlia che deve conoscere i suoi diritti, deve proteggersi, deve far sentire la sua voce. Vede, c’è una differenza. Anche l’istruzione ha giocato un ruolo importante. Ecco perché si vedono più cambiamenti e si sta trasformando di generazione in generazione. Siamo andate a scuola, a differenza forse dei nostri genitori, loro ci hanno portato a scuola. Quando ci hanno portato a scuola abbiamo imparato, perché abbiamo capito che i nostri figli possono solo essere migliori di noi. È qui che si vede la differenza e oggi le donne più giovani si sentono uguali a maschi. Non sono state educate sapendo che sarebbero finite in cucina. Non sono cresciute sapendo che sono nate per sposarsi o per seguire il marito. Sanno che sono nate per competere allo stesso livello. Quindi si vede che crescono anche nella loro mente. Hanno una prospettiva migliore di quella che avevo io. Se mi aveste chiesto cosa sarei diventata quando ero piccola, vi avrei detto che avrei studiato e poi sarei tornata a casa di mio padre. Questo era ciò che avevo in mente fino a quando ho lasciato il villaggio. Poi sono venuta a Nairobi e mi è piaciuta. Ho capito che c’è qualcosa di più nella vita oltre al matrimonio, ho avuto modelli di riferimento diversi.

Qualcosa accade anche grazie all’educazione civica. Più donne vanno a scuola rispetto al passato. Prima era molto difficile per le donne andare a scuola. Anche quando i genitori facevano fatica a pagare le tasse scolastiche, alle donne veniva chiesto di restare a casa, di aiutare mentre i fratelli andavano a scuola. Ma ora tutti i bambini devono andare a scuola. Il governo ha adottato politiche che obbligano tutti ad andare a scuola. Quindi c’è molta più consapevolezza, molta istruzione e molta visibilità delle questioni di genere. Questo è il motivo per cui le donne non vengono lasciate indietro. Naturalmente non sono ancora arrivate al traguardo. Una donna deve ancora affrontare molte sfide. Anche al mio livello, una donna deve ancora affrontare molte sfide. Se arrivi alla leadership, trovi delle sfide a quel livello. Quindi non ci siamo ancora. È ancora una lotta.

Per una donna è una lotta. Se vedi una donna, per esempio, impegnata in movimenti sociali, movimenti civili sicuramente vedrai che è soggetta ad ogni tipo di attacco sessista. Sono denigranti, umilianti e riguardano sempre la sessualità. Riguardano il fatto che parli così perché non sei sposata, perché non hai figli… L’oggettivazione delle donne e gli attacchi alle donne online sono una risposta maschile molto diffusa se la donna dice qualcosa che è considerato sbagliato. Se non piaci agli uomini gli attacchi online sono terribili. Sono spaventosi. Puoi immaginare come mi sono sentita quando sono andata in parlamento a denunciare un caso di corruzione. Il membro del parlamento in questione ha scatenato i suoi guerrieri online contro di me per due giorni di fila, è stato orribile. Sono stata vittima di attacchi online e posso dirti che non sono andata al lavoro per tre giorni. Mi ci è voluto molto tempo per superare tutto questo. Quindi la questione del genere è ancora molto presente, anche dopo che la donna ha lottato per emergere, viene ancora messa a tacere.

Anche le donne in politica al giorno d’oggi sono ancora oggetto di strumentalizzazione. Quello che vediamo ancora oggi è che le donne vengono oggettificate, ad esempio vengono chiamate sul palco e poi viene chiesto loro di ballare. I capi chiedono: “mettete su una canzone per lei”. E si tratta di donne molto note e visibili. Quest’anno ho visto che è accaduto anche a donne che pensavo fossero forti. Donne che conosco come leader forti e con dei valori. La donna è ancora vista come una decorazione. Fanno ballare una parlamentare donna davanti a una folla enorme. Ballano e poi devono tornare a sedersi. Quindi l’uomo arriva e dice: “Sapete, ho costruito scuole, ho fatto questo e quello”. E’ scioccante vedere alcune di quelle donne che ammiro accettare di essere chiamate a ballare mentre i loro colleghi maschi dicono ciò che hanno fatto per la gente.

Ancora una volta, abbiamo molta strada da fare per dare alle donne il potere di imparare a dire: “No, non sono venuta per ballare. Voglio parlare alla mia gente”. Quindi questa è una delle cose che ancora mi fa riflettere, le donne devono ancora obbedire a ciò che dicono gli uomini, anche se sembra stupido. Quindi sarà molto difficile liberarsi di questo atteggiamento innato, perché è così che sono state educate. Ma vi dico che mia figlia non lo farà. E io non lo farò. Non puoi dirmi di ballare davanti alla gente e se ho preparato un discorso al pubblico invece devo ballare. Io non lo farò, ma le donne più anziane forse lo faranno ancora. Quindi il cambiamento è anche una questione generazionale. Quindi come vedi ancora una volta abbiamo fatto progressi, ma tanti ostacoli sono davanti a noi. Non siamo ancora arrivate al traguardo. Abbiamo ancora molta strada da fare ma non ci fermeremo.

————————

Vittorio Sergi, Dottore in Filosofia e Politica all’Università degli Studi di Napoli

 

Cerca nel sito

Contatti

Associazione di Promozione Sociale Januaforum Sede legale e Sede Operativa
c/o Confcooperative Liguria - Via Varese 2
16129 Genova
Mobile:
+393474403469 - Segreteria

+393358030663 - Cooperazione allo Sviluppo

+393482269515 - Progetto Casa - Home & Dry

+393477396364 - Educazione alla cittadinanza globale

+393939410121 - Presidenza

www.januaforum.it

Corsi di formazione

04.10.2024 09:49

Educazione alla Cittadinanza Globale e Sostenibilità: percorso formativo per il Terzo Settore - III edizione

Terza edizione del corso per operatori del Terzo Settore organizzato dall'Università di Genova nell'ambito del progetto SOGLOBE finanziato...