LA NUOVA LEGGE SULLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE PER LO SVILUPPO

19.07.2014 10:08
 
Valutazione delle reti di ONG 
ASSOCIAZIONE DELLE ORGANIZZAZIONI DI COOPERAZIONE E SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE 
LINK 2007 – COOPERAZIONE IN RETE 
 
18 luglio 2014 
 
 
Una vera e positiva riforma 
 
Che si tratti di una vera riforma e che siano state introdotte importanti innovazioni rispetto alla 
precedente legge del 1987, ventisette anni fa, nessuno può metterlo in dubbio. Il testo approvato ieri 
alla Camera dei Deputati è il risultato di un intenso e sistematico lavoro iniziato circa tre anni fa, 
riprendendo il cammino interrotto negli anni precedenti, che ha visto un’ampia partecipazione e 
approfonditi confronto fra le diverse parti: il Parlamento, i partiti politici e il Governo, le reti delle 
Ong di cooperazione e solidarietà internazionale, il Forum del Terzo Settore, le Regioni e le Autonomie 
locali, ministeri e istituzioni coinvolti, il sistema cooperativo, le associazioni di impresa, le università e la 
ricerca, esperti nazionali e internazionali. 
 
Le reti delle ONG hanno assicurato il massimo impegno, costituendo un gruppo di lavoro che ha 
mantenuto una costante interlocuzione con la politica e con gli atri soggetti della cooperazione 
internazionale. Ponendoci con un’unica voce, abbiamo presentato e motivato proposte e suggerimenti per 
migliorare i testi proposti, fino all’ultimo disegno di legge governativo del 24 gennaio 2014 e per tutto il 
suo esame in sede parlamentare. 
 
 
Le richieste presentate dalle ONG nel percorso parlamentare 
 
Si chiedeva, in particolare, di: 
- superare il concetto di APS, aiuto pubblico allo sviluppo, adottando l’espressione CPS, cooperazione 
pubblica allo sviluppo; mettendo fine all’ormai limitato concetto donatore-ricevente per puntare sul 
rapporto di cooperazione e partenariato, dall’azione per sradicare la povertà, allo sviluppo sostenibile, ai 
diritti umani, alla pace. 
- esprimere nel primo articolo della legge i principi fondanti e le finalità, quale indispensabile 
riferimento per l’Italia e tutti i soggetti della cooperazione, 
- dare ampio riconoscimento ai vari soggetti della cooperazione allo sviluppo, nazionali e territoriali, 
pubblici e privati, non profit e profit, con le loro specificità e competenze, pur rimanendo la dimensione 
non profit emblematica e insostituibile per i valori che comunica, 
- definire il chiaro riferimento politico, nella figura di un viceministro con pienezza di deleghe, 
all’interno di un “ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale”, quest’ultima 
intesa come parte qualificante della politica estera italiana, 
- confermare il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo, quale luogo di indirizzo 
politico, di programmazione con visione triennale, di coerenza delle politiche governative con le finalità 
della cooperazione allo sviluppo, 
- rafforzare i poteri di indirizzo e controllo del Parlamento, - definire una funzione politico-diplomatica e non più gestionale per la DGCS, Direzione generale 
per la cooperazione allo sviluppo, 
- attribuire reale autonomia organizzativa, regolamentare, contabile, patrimoniale e di bilancio 
dell’Agenzia esecutiva, competente, snella e efficiente, organizzata sulla base di criteri di efficacia, 
economicità, trasparenza e con un organico qualificato e proporzionale alle risorse da gestire e ai ruoli da 
svolgere, selezionato e qualificato, 
- definire con chiarezza la responsabilità e l’attribuzione di competenze degli organi decisionali, 
- assicurare unitarietà, trasparenza e pubblicità agli stanziamenti annuali complessivi attinenti alla 
cooperazione allo sviluppo, fissando che gli stanziamenti stabiliti non possano subire riduzioni e che le 
risorse non impegnate nell’esercizio siano riportate per intero all’esercizio successivo, al fine di poter 
garantire il rispetto degli impegni assunti nelle sedi internazionali e con i paesi partner, 
- riportare l’Italia in linea con gli impegni e gli obiettivi assunti a livello europeo e internazionale, 
gradualmente, ma entro un periodo certo e definito, 
- definire e formalizzare, rendendola regolare e sistematica, la partecipazione dei soggetti pubblici e 
privati, non profit e profit, alla definizione delle strategie, le linee di indirizzo, la programmazione, le 
forme di intervento, la valutazione dell’efficacia, 
- riconoscere il valore delle organizzazioni della società civile ed in particolare il bagaglio storico, di 
conoscenze e esperienze, accumulato dalle Ong specializzate, valutandone la reale professionalità, 
qualità ed efficienza, rimuovendo barriere fiscali e normative che non facilitano il loro lavoro, 
valorizzando il volontariato internazionale, promuovendo attività di informazione e sensibilizzazione 
dell’opinione pubblica, 
- stabilire per i soggetti profit criteri di valutazione basati sull’adesione agli standard di responsabilità 
sociale in materia di investimenti internazionali, il rispetto delle clausole sociali e ambientali e delle 
norme internazionali sui diritti umani e sul lavoro dignitoso, la verifica dell’osservanza di tali standard e 
clausole. 
 
 
Richieste sostanzialmente recepite nella legge. Ora il regolamento 
 
Già il testo approvato dal Senato il 25 giugno scorso aveva recepito molte delle richieste delle Ong, del 
Forum del Terzo Settore e della società civile. Quello approvato ieri dalla Camera le ha ulteriormente 
accolte. Non tutto è stato incorporato nel modo da noi auspicato e rimane sospeso il giudizio 
sull’esclusività del rapporto con la Cassa depositi e prestiti introdotta con un emendamento dell’ultimo 
minuto, perché necessita approfondimento. Ma il nostro giudizio complessivo sulla nuova legge, pur 
rimanendo un testo mediato tra differenti posizioni politiche, è certamente positivo. 
 
La prossima tappa è il regolamento attuativo. Importante quanto la legge. Le Ong, con gli altri 
soggetti interessati, seguiranno la sua definizione nei sei mesi successivi all’entrata in vigore del

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