Davos ha mostrato che i grandi capi temono un futuro che non sanno controllare. Per reagire all’impotenza dei potenti, scendono in campo i giovani. Intanto l’Europa riflette, con prudenza e l’ASviS annuncia un confronto politico.
di Donato Speroni
Come sta il mondo? Più o meno come un anno fa, secondo il Doomsday clock, che ogni anno fa il punto sulla imminenza dell’estinzione. L’orologio metaforico aggiornato ogni anno da un gruppo di scienziati fin dal 1947 è rimasto fermo a due minuti prima della mezzanotte, perché nulla di significativo è stato fatto per prevenire l’apocalisse che potrebbe essere provocata da due eventi: una catastrofe nucleare globale e il cambiamento climatico.
Quanto è diffusa la percezione dei rischi che stiamo correndo? Nei giorni del World economic forum di Davos viene pubblicato il Global risk report che rispecchia le preoccupazioni di un campione di circa mille tra decisori politici pubblici, privati, accademici e della società civile. Il Rapporto contiene un grafico che incrocia probabilità e gravità dei disastri più temuti, mettendo in maggiore evidenza, tra tutte le eventualità negative, queste sei catastrofi, nell’ordine: eventi meteorologici estremi, fallimento dei tentativi di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, disastri naturali, attacchi cibernetici, collasso dell’ecosistema, crisi idriche. [continua a leggere]
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