Da Katowice a Marrakech, i progressi nel dialogo multilaterale sono lenti e complessi. La mobilitazione della società civile è uno stimolo indispensabile e la Dichiarazione dei diritti dell’uomo una cornice da non dimenticare mai.
di Donato Speroni
Due grandi incontri internazionali in questi giorni ci inducono a riflettere sul futuro del mondo e sullo stato dei rapporti tra le nazioni. Da quando, all’inizio di questo secolo, si è cominciato a parlare di Antropocene, è apparsa chiara la responsabilità dell’uomo sul futuro del Pianeta, ma si è anche evidenziata la necessità di elementi di governance globale: senza la collaborazione internazionale non si può pensare di governare problemi come il cambiamento climatico, le crescenti diseguaglianze, le migrazioni di massa, insomma lo sviluppo sostenibile.
Proprio al clima e alle migrazioni erano dedicati i due eventi ai quali mi riferisco: la Cop 24 di Katowice in Polonia sul cambiamento climatico e il Migration compact di Marrakech.
Un segnale molto allarmante su come stanno andando le cose in tema di cambiamento climatico è arrivato dal direttore dell’Agenzia internazionale per l’energia Fatih Birol: nel 2018, per il secondo anno consecutivo, le emissioni di anidride carbonica sono nuovamente in aumento. La conferenza di Katowice avrebbe dovuto dare sostanza agli impegni assunti tre anni fa a Parigi per contenere l’aumento della temperatura mondiale entro due e possibilmente entro 1,5 gradi centigradi. Nonostante il rinnovarsi degli appelli e un importante documento dell’Ipcc che ha segnalato quanto è importante quella differenza di mezzo grado in termini di vivibilità di ampie zone del Pianeta e di tutela della biodiversità, dall’andamento della Cop24 sembra improbabile che si pongano premesse realistiche anche per l’obiettivo dei due gradi. [continua a leggere]
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