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SOFI 2025: Cibo sempre più caro e dieta sana per pochi
La pubblicazione de “The State of Food Security and Nutrition in the World 2025” (SOFI 2025) segna un nuovo punto di riflessione sui progressi (e le mancate conquiste) nella lotta contro la fame, l’insicurezza alimentare e la malnutrizione a livello globale. Il rapporto è stato presentato ufficialmente ieri durante il Secondo Stocktake del Summit sui Sistemi Alimentari delle Nazioni Unite (UNFSS+4), che si è tenuto ad Addis Abeba. Il vertice ha visto la partecipazione di numerosi esponenti istituzionali, tra cui la Vice Segretaria Generale dell’ONU, Amina J. Mohammed, il Presidente dell’Etiopia Taye Atske Selassie Amde, la premier italiana Meloni, rappresentanti e direttori delle cinque agenzie coautrici del rapporto: FAO, IFAD, UNICEF, PAM (WFP) e OMS (WHO).
Il rapporto delle agenzie ONU ci restituisce una fotografia fatta di contrasti: piccoli segnali positivi a livello globale si intrecciano a dati allarmanti in regioni come l’Africa e parte dell’Asia, mentre i prezzi alimentari restano elevati, la dieta sana è ancora inaccessibile per oltre un terzo dell’umanità e la prospettiva di “Zero Hunger” entro il 2030 sembra allontanarsi.
Sviluppi recenti e quadro attuale
Nel 2024, 673 milioni di persone hanno sofferto la fame (8,2% della popolazione mondiale) un lieve calo rispetto al picco post-pandemico, ma con profonde disuguaglianze a livello regionale: in Africa quasi una persona su cinque resta cronicamente denutrita, quota che sfiora il 60% delle stime globali di fame nel 2030. Al contrario, in Asia e America Latina si è registrata una tendenza di miglioramento, trainata principalmente dalla crescita indiana e da interventi mirati in Sud America.
La vera emergenza è l’accessibilità economica: 2,6 miliardi di persone non possono permettersi una dieta sana, con picchi che superano il 70% nei paesi a basso reddito. In queste economie, la componente alimentare incide per oltre la metà delle spese familiari e, nonostante la stabilizzazione dei prezzi mondiali, l’inflazione nei mercati poveri supera spesso il 30%, erodendo il potere d’acquisto e aggravando le condizioni di povertà.
Le cause: inflazione, crisi globali e fragilità di sistema
Gli ultimi anni hanno visto un accumulo di crisi: eventi climatici estremi, la pandemia COVID-19, la guerra in Ucraina, instabilità politiche e volatilità dei mercati si sono sommati producendo un mix letale per i sistemi alimentari mondiali. Un punto centrale del SOFI 2025 è l’analisi dei fenomeni inflattivi: dal 2020 i prezzi alimentari sono cresciuti più velocemente dell’inflazione generale, con aumenti del 35% sui prezzi medi dei cibi rispetto a una crescita del 25% dell’inflazione generale.
Il forte rincaro degli alimenti freschi—ortaggi, frutta, alimenti di origine animale—ha accentuato le barriere economiche all’accesso a una dieta varia e nutriente. Il risultato è una dieta sempre più “dequalificata”, con prevalenza di amidi e derivati a scapito della qualità nutrizionale, soprattutto tra le famiglie vulnerabili.
Lo stato della nutrizione
Non è solo questione di fame: il quadro della malnutrizione infantile resta preoccupante. Dal 2012 al 2024 si è avuto un calo del 3,2% nella prevalenza del ritardo della crescita (stunting) nei bambini sotto i cinque anni, ma sovrappeso e deperimento acuto restano su livelli invariati. Più di 190 milioni di bambini sotto i cinque anni sono colpiti da insufficienza nutrizionale, con effetti irreversibili sullo sviluppo fisico e cognitivo.
I dati sottolineano, inoltre, uno spostamento del problema: nei Paesi ricchi aumentano i tassi di obesità e malattie correlate, mentre nei Paesi poveri si aggrava la carenza di micronutrienti e la povertà alimentare.
Cosa raccomanda il rapporto SOFI
Il SOFI 2025 insiste sull’urgenza di:
- Politiche coordinate e globali contro la volatilità dei prezzi, evitando azioni protezionistiche.
- Investimenti strategici nelle filiere agricole, nella logistica e nelle infrastrutture, con priorità a ricerca e innovazione locale.
- Rafforzamento della protezione sociale: sussidi mirati, cash transfers e buoni alimentari per le fasce più vulnerabili, con attenzione specifica a donne, bambini e agricoltori di sussistenza.
- Sistemi alimentari resilienti: supporto alle filiere corte, produzione locale sostenibile e accesso equo alle risorse naturali e ai mercati.
- Promozione di diete sane attraverso politiche fiscali, educazione alimentare e monitoraggio dei prezzi di alimenti nutrienti.
Cosa dicono gli stakeholder
- FAO: Il direttore generale QU Dongyu ha richiamato all’unità e alla solidarietà, sottolineando che solo interventi coordinati, inclusivi e basati sull’evidenza potranno “raggiungere tutte le comunità, senza lasciare nessuno indietro”.
- IFAD: Il presidente Lario rilancia la centralità degli investimenti in aree rurali e nella trasformazione agricola per garantire sicurezza alimentare e stabilità globale.
- UNICEF & WHO: Forte enfasi sui rischi per i bambini e sulle conseguenze a lungo termine della cattiva alimentazione, con richieste di espansione delle reti di protezione sociale e dell’educazione nutrizionale.
- Oxfam: Critica apertamente le “l’incapacità di affrontare le disuguaglianze alla radice”. L’organizzazione denuncia i tagli agli aiuti—che i paesi G7 prevedono di ridurre del 28% entro il 2026—e lo strapotere di pochi grandi gruppi che prosperano sulle crisi, mentre 2,6 miliardi di persone non si possono permettere una dieta sana. Oxfam parla apertamente di crisi “disegnata” dall’ingiustizia sistemica e lancia un appello per fermare la “finanza predatoria”, investendo di più sui produttori locali e sulle donne.
- Alleanze per la sicurezza alimentare: Le reti internazionali chiedono che venga adottata la “protezione sociale” come strategia principale, portando esempi come il PSNP etiope, la sinergia Jamaica-PATH, e i programmi multisettoriali di Madagascar e Rwanda, evidenziando che senza investimenti strutturali a favore dei più vulnerabili sarà impossibile uscire dalla trappola della fame cronica.
Governi come quello nigeriano hanno espresso allarme per l’impatto di inflazione e volatilità sulle economie agricole e sulle famiglie vulnerabili, invocando maggiore interventismo pubblico e una regolamentazione coordinata dei mercati essenziali. Il settore privato, specie nei Paesi emergenti, si trova spesso tra l’incudine della pressione inflazionistica e il martello delle richieste di calmierare i prezzi, accusando i governi di mancata pianificazione e di ostacolare gli investimenti, soprattutto in periodi di elevata incertezza climatica.
Criticità e prospettive
A fronte di piccoli passi avanti a livello globale, il quadro resta segnato da:
- Disuguaglianze crescenti: in Africa la fame aumenta, così come l’incidenza di crisi nutrizionali, mentre in altre aree i miglioramenti rischiano di essere cancellati dai tagli agli aiuti internazionali e dalla volatilità dei mercati.
- Conflitto e clima come fattori moltiplicatori: guerre, instabilità geopolitica, fenomeni di El Niño e incremento delle catastrofi climatiche accentuano il rischio di insicurezza alimentare nelle aree più fragili.
- Rischio di fallimento collettivo sugli SDGs: la traiettoria attuale non permette di “azzerare la fame” entro il 2030; bisognerà perseguire obiettivi intermedi e prepararsi a una lotta di lunga durata, in cui inclusione e protezione sociale restano le priorità assolute.
Cosa serve per invertire la tendenza?
Il SOFI 2025 e le reazioni raccolte suggeriscono che servano scelte politiche coraggiose, multilaterali e inclusive:
- è necessario rafforzare i sistemi di protezione sociale per proteggere i più deboli dalla volatilità dei mercati;
- ridisegnare i sistemi alimentari su basi più resilienti e sostenibili, promuovendo il ruolo dei piccoli produttori locali;
- intensificare la lotta alle disuguaglianze, riducendo il gap tra i paesi ricchi e poveri, tra aree urbane e rurali, tra uomini e donne;
- garantirsi che la transizione alimentare e nutrizionale sia equa e non lasci indietro le comunità più fragili.
Solo un cambio di paradigma, centrato su giustizia, equità e azione pubblica globale, potrà evitare che milioni di vite continuino a essere “statistiche” dimenticate e che la fame resti il principale ostacolo allo sviluppo umano dell’umanità.
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