Su AFRICA e MIGRANTI, in EUROPA passa la linea italiana

09.06.2016 10:51

La Commissione europea ieri ha lanciato un nuovo «quadro di partenariato» sull’immigrazione, che prevede l’utilizzo immediato di 8 miliardi per incentivare accordi con i Paesi di origine e di transito e la creazione di un fondo che arriverà a 62 miliardi di investimenti a favore dell’Africa. L’obiettivo è «mettere ordine nei flussi». Per il Governo Italiano si tratta di un successo ha detto il vicepresidente della Commissione, Frans Timmermans. «Salverà vite umane all’inizio del viaggio», ha aggiunto Federica Mogherini. Il modello è l’accordo tra Unione europea e Turchia: aiuti finanziari in cambio di cooperazione nella gestione dei migranti. La Commissione cercherà nell’immediato di negoziare dei «compact» (contratti) con Giordania, Libano, Mali, Niger, Nigeria, Senegal e Etiopia per spingerli a ridurre le partenze o a riprendersi i migranti. In autunno sarà lanciato un nuovo Fondo per gli investimenti in Africa. La minaccia nei confronti di chi non firmerà accordi di riammissione e rimpatrio sono sanzioni, come un taglio degli aiuti o misure commerciali. «C’è la svolta», dice Gianni Pittella.

Tutto merito del Migration Compact?

«La proposta dell’Italia ha avuto un immediato successo per l’approccio innovativo, soprattutto perché ha posto come principio basilare una nuova partnership politica e economica con l’Africa».

L’obiettivo dei 62 miliardi è realistico?

«È un’ambizione forte, ma è assolutamente necessaria una risorsa così imponente. La Commissione ha fatto la sua parte e ora gli Stati membri devono fare la loro. Non è possibile scaricare il peso solo sul bilancio comunitario. Poi è fondamentale che la Banca Europea per gli investimenti assuma formalmente l’impegno di favorire progetti che abbiano dosi importanti di rischio. Se la BEI si atterrà alle sue regole di finanziare solo progetti con la «tripla A», non finanzierà nulla in Africa».

Non ci sono gli Eurobond proposti dal governo italiano…

«Gli Eurobond per alcune parti politiche conservatrici, segnatamente tedesche, sono una sorta di incubo notturno, una parola vietata, una fonte di orticaria. E sarebbe stato sbagliato bloccare il Migration Compact perché non c’era l’accordo sugli Eurobond. Bene ha fatto la Commissione a trovare una soluzione alternativa. Ma avverto i malpancisti tedeschi che di Eurobond si dovrà parlare dopo il referendum sulla Brexit del 23 giugno».

Nell’immediato, i “compact” con 16 Paesi prioritari e gli 8 miliari per incentivare la cooperazione possono funzionare per frenare i flussi?

«Possono e devono funzionare. Ma attenzione a non immaginare questa iniziativa così innovativa alla stregua di un escamotage esclusivamente finalizzato a frenare i flussi migratori. Dobbiamo capire che per noi l’Africa è la priorità numero uno. Per troppi anni, abbiamo sofferto di una miopia terribile: quella di non vedere che di fronte a noi c’è un giovane continente con il quale condividiamo le più grandi sfide, le più grandi problematiche, ma anche le più grandi opportunità: dalla lotta al terrorismo alla sfida dei flussi migratori, passando per il dialogo inter-religioso».

Con il Migration Compact, Juncker sta mantenendo gli impegni?

«Juncker non è Barroso: il piano per gli investimenti, la flessibilità, la priorità per l’Africa: sono soltanto alcuni esempi che dimostrano come le posizioni socialiste hanno vinto sui principali dossier e condizionano in modo positivo le linee guida della Commissione».

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