Quale visione del futuro hanno i giovani, se e quando votano? Domanda più che mai attuale, quando si discute di estendere il diritto ai sedicenni. L’educazione è una sfida mondiale, che si affronta anche parlando dell’Agenda 2030.
di Donato Speroni
Nel “Caffè” pubblicato sul Corriere della Sera di mercoledì 17, Massimo Gramellini punzecchia Noémie Giard, curatrice del museo Carnavalet dedicato alla storia della città di Parigi, perché ha trasformato Luigi XIV in Luigi 14 (“come un taxi”) affermando che “i numeri romani non possono diventare un ostacolo alla comprensione”.
È un piccolo spunto che fa riflettere su un grande problema, quello dell’educazione di massa, ancora più a repentaglio in questi tempi di chiusura delle scuole in Italia e non solo. Nel suo discorso di candidatura alla segreteria del Pd, Enrico Letta ha annunciato l’intenzione di aprire il suo partito a una maggiore interazione col Paese reale. Secondo molti commentatori, il Partito democratico, erede dei due grandi movimenti di massa che hanno determinato la storia della Repubblica, quello cattolico e quello comunista, si è ridotto al “partito delle Ztl”, votato in prevalenza da chi vive nei centri storici, con una percentuale di anziani nel suo elettorato più elevata di quella delle altre formazioni. Largo ai giovani, dunque: tra le proposte più dirompenti del professore di Sciences Po, accanto allo ius soli e alla partecipazione dei dipendenti alla conduzione delle aziende, Letta ha messo il voto ai sedicenni.
Non sta a noi valutare se la proposta è giusta o sbagliata e francamente, se dovessi esprimere un’opinione personale soppesando i pro e i contro, non saprei rispondere. Annoto però due obiezioni che gli sono state rivolte:
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